Benvenuti a Deponia, primo capitolo di una trilogia fantasy-futuristica-demenziale ambientata in un enorme pianete discarica, dove il protagonista, Rufus, cercherà in ogni modo possibile di raggiungere la città fluttuante di Eliseo che, come suggerisce il nome, e l’unico posto splendido e vivibile del pianeta (ma naturalmente è riservato ai ricchi e potenti).
Anche con le migliori intenzioni, Rufus rimane uno dei più grandi “fancazzisti incasinati” mai visti in un videogioco d’avventura, devo anche sottolineare la scarsa igiene personale del vostro altar-ego, che vi costringerà a confrontavi con uno spazzolino da denti “indemoniato” fin dai primi momenti di gioco, che culmineranno nel tentativo (maldestro) di scroccare un passaggio verso Eliseo, saltando a bordo di un trasporto di linea usando un razzo artigianale, da voi assemblato, collegato quello che sembra un gabinetto prefabbricato.
Genere-Avventura punta e clicca.
Sviluppo-Daedalic Entertainment.
Distribuzione-FX Interactive.
Modalità di gioco-Giocatore singolo.
Inutile dire che il risultato sarà decisamente disastroso, ma non solo per voi, una misteriosa abitante di Eliseo sarà “coinvolta” nel vostro ritorno affrettato sulla superficie (la farete cadere come un imbecille nel tentativo di salvarla), da qui inizierà un’avventura che in più di un’occasione vi ricorderà Monkey Island, non solo per lo stile grafico da fumetto ma soprattutto per l’umorismo demenziale ed, in certi momenti, veramente da “bastardi dentro”.
Ambientazioni e personaggi sono ben curati, la colonna sonora è indubbiamente da applausi a scena aperta e sostiene con perizia la narrazione dell’avventura, gli enigmi spesso e volentieri esigono che voi pensiate in maniera non convenzionale mentre in altre occasioni fare la cosa più “idiota” che possiate immaginare vi tirerà fuori dai guai, ottima anche la localizzazione dei dialoghi, tutti questi elementi insieme ed un prezzo conveniente rendono Fuga da Deponia un buon acquisto per chi ama le classiche avventure punta-e-clicca stile Lucas-Art o le storie avventurose ma demenziali alla “Balle Spaziali”.
D.A.